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L'occupazione femminile in tempo di crisi

Gli effetti della crisi economica sul mercato del lavoro evidenziano, dal 2008 ad oggi e ad un'analisi di genere, una contrazione dell'occupazione femminile (-0,6%) più contenuta di quella maschile (-4,6%), in tutti i Paesi dell'Unione europea. Per quanto concerne l'Italia, la diminuzione è ancora meno marcata: la flessione delle donne occupate è pari allo 0,3% (periodo 2008-2013), rispetto al milione di posti andato perduto, relativo agli uomini. Se analizzato nel dettaglio, il fenomeno può essere letto sotto tre direttrici: effetto sostituzione (rimpiazzare i lavoratori con le lavoratrici significa ridurre il costo del lavoro), effetto tampone (per via dell'elevata presenza delle donne nel mercato del lavoro precario, più diffuso in tempi di crisi), effetto segregazione (la maggiore presenza femminile in settori meno colpiti dagli effetti recessivi, ha salvaguardato i livelli occupazionali).
Emerge così, sia a livello europeo che nazionale, la progressiva riduzione del gap lavorativo, ridottosi dal 2000 al 2013 di 6,5 punti percentuali (dieci in Italia), segno che il peso delle donne nel mercato del lavoro è aumentato, incrementando o sostituendo in alcuni casi la produzione di reddito delle famiglie.
Se in Europa la crisi ha poi rallentato la crescita dell'occupazione straniera femminile, in Italia viene osservato un andamento diametralmente opposto, con un aumento del 143% e, conseguentemente, un andamento superiore alle italiane.
Va comunque osservato che l'incremento occupazionale femminile in Italia è spesso costituito da rapporti a tempo parziale a carattere involontario, risultando fra i più alti d'Europa, coinvolgendo più della metà delle lavoratrici con questa tipologia contrattuale.
A livello settoriale sono poi emerse specifiche differenze in base al Paese preso in osservazione: se la concentrazione nella Pubblica amministrazione è risultata ridotta in Spagna (26%) rispetto al picco della Svezia (51%), quest'ultimo contesto ha offerto una bassa incidenza femminile nell'industria in senso stretto (8%) rispetto alla quota più alta in assoluto presente in Italia (16%).
Nel corso della crisi economica, in nostro Paese ha quindi assistito alla perdita di poco più di un milione di posti di lavoro, quasi interamente da parte degli uomini, rispetto alla contrazione occupazionale delle donne pari a circa 30 mila unità, per via del differenziale derivato dall'incremento di 30 mila lavoratrici riscontrato nelle regioni del Centro-Nord e della flessione di 60 mila persone nel Mezzogirono. Sempre nell'arco temporale di riferimento, un'ulteriore caratteristica emersa è la contrazione dell'occupazione femminile qualificata a fronte dell'incremento di quella non qualificata. Tra gli uomini invece si è ridotto sia il numero di occupazioni di elevato profilo, si di quelle a medie e ridotte competenze.
Dal rapporto emerge che, rispetto alla tenuta del lavoro delle donne sugli degli uomini, la possibilità di un rafforzamento del ruolo occupazionale strutturale delle prime dipende soprattutto dalle politiche di riferimento e dirette non solo a facilitare la conciliazione, ma anche a promuovere presso le imprese modelli organizzativi flessibili, capaci di migliorare sia i processi che la produttività.

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Soggetto emanante: Italia Lavoro
Autore: Roberto Cicciomessere Antonella Marsala
Data: 22-12-2014
Tipologia: Studi e ricerche
Parole chiave: donne   mercato del lavoro   azioni positive   statistica del lavoro   occupazione   pari opportunità   conciliazione lavoro-famiglia  

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