Nell'attuale scenario macroeconomico in graduale ripresa, a fronte del recupero del PIL, il mercato del lavoro stenta ad offrire un analogo andamento: ciò a causa dell'elevata disoccupazione giovanile e di quella generale nel Mezzogiorno. Tale ritardo, seppure in linea con le variabili macroeconomiche, denota alcune dinamiche strutturali che stanno interessando l’economia globale e che impattano notevolmente sul mercato del lavoro e sulla relazione tra output e occupazione, con particolare riferimento alla distruzione di posti di lavoro, alla creazione di nuove tipologie di impiego, assieme al cambiamento derivante dalla domanda di nuove competenze. Attraverso stime e previsioni realizzate con un modello VAR, ossia di tipo autoregressivo e vettoriale, si stima che tra il 2017 e il 2022 lo stock di occupati nazionale possa crescere di circa 560 mila unità ad un tasso medio annuo dello 0,5%, interessando sia la componente pubblica che quella privata. I fabbisogni più elevati provengono dalle Regioni del Nord Ovest, rispetto a quelle del Centro e del Mezzogiorno che presentano andamenti inferiori: ciò potrebbe determinare un ulteriore allargamento del gap di sviluppo già presente. I settori con i tassi di fabbisogno più elevati sono la sanità e assistenza (3,8%), il turismo e ristorazione (3%), le "public utilities" (2,9%) e l'istruzione (2,8%). Il turismo e la sanità sono anche i settori a maggiore espansione. Per quanto concerne i livelli di istruzione, i laureati e i diplomati dovrebbero rappresentare il 62% del fabbisogno totale. Il confronto dell'evoluzione del fabbisogno di laureati con l’andamento previsto dell'offerta di titoli universitari indica una possibile carenza di offerta, che in parte potrebbe essere tuttavia colmata attingendo allo stock di disoccupati e con situazioni molto differenziate per i vari indirizzi di studio. Per i diplomati si dovrebbe invece mantenere anche nei prossimi anni uno scenario di surplus di offerta, pure in questo caso con situazioni molto differenziate per indirizzi.