Il rapporto illustra alcuni tra gli elementi di rilievo per quanto concerne i sistemi di istruzione e formazione nell'Unione europea. A livello generale, questi stanno affrontando una serie di sfide: molti Paesi si trovano di fronte ad una penuria di docenti, come emerge dal fatto che nel prossimo decennio un terzo degli insegnanti raggiungeranno l'età pensionabile e dovranno essere sostituiti. Ciò necessita fin d'ora migliorare l'attrattività della professione nei confronti dei giovani, anche tramite migliori condizioni di lavoro, retributive e di crescita professionale. Dal rapporto emerge poi che, nell'ultimo decennio, è cresciuto in modo esponenziale il livello di conseguimento dell'istruzione terziaria, con una percentuale di incidenza passata dal 32% del 2009 al 40%. Tuttavia, emergono ancora forti disparità di genere, con le donne che conseguono tale obiettivo in misura maggiore degli uomini (rispettivamente 45,8% e 35,7%). Il tasso di partecipazione nell'educazione primaria, a partire dai quattro anni di età, ed è ormai quasi universale (90%); viene comunque sottolineato che lo stesso indicatore si riduce al 77,8% nei bambini in condizioni di povertà o esclusione sociale. Per il prossimo decennio la sfida principale è ridurre il drop-out scolastico al di sotto del 15%, assieme all'incremento della popolazione adulta coinvolta in percorsi di istruzione e formazione professionale. Relativamente agli investimenti pubblici nell'educazione, l'incidenza sul PIL si è ridotta nell'ultimo triennio di 0,3 punti percentuali, attestandosi al 4,6%. I Paesi membri destinano mediamente un terzo di tale spesa in quella primaria e dell'infanzia, il 41% in quella secondaria (con un decremento nell'ultimo triennio dell'1,3%), il 15% in quella terziaria. Per quanto concerne l'Italia, il Rapporto denota gli investimenti al di sotto della media europea, con particolare riferimento all'istruzione superiore, cosa che incide anche nella transizione scuola-lavoro, difficile anche per le persone altamente qualificate.